Distanza e tempi di navigazione
Marina di San Vincenzo –> Giglio Porto
50 mn
8h circa
Prodotti locali tradizionali
Panficato | Tonnina | Vino Ansonico | Miele
L’Isola del Giglio è la seconda per grandezza dell’Arcipelago Toscano. Le coste, quasi interamente selvagge ed incontaminate, con il loro sviluppo di soli 28 km, sono ideali per essere circumnavigate. Tra scogliere a picco e una fitta e verdissima macchia mediterranea, si possono ammirare calette isolate di infinita bellezza, con acque talmente limpide da lasciare intravedere fondali meravigliosi.
Sebbene non si possa non menzionare le ben note Cannelle, l’Arenella e Campese, c’è da dire che il Giglio rappresenti un vero e proprio tesoro da scoprire. Ad oltre quattrocento metri d’altezza, racchiusa da forti mura turrite, si staglia la cittadella medievale di Giglio Castello, la cui sagoma domina l’isola e la caratterizza.
L’isola del Giglio, custode di patrimoni di rilevanza sia artistica che naturale, testimone sì di una storia millenaria, ma anche di una devota ed intramontabile sensibilità alla bellezza e di rispetto e amore verso la natura, è stata il set per film importanti, tra i quali, nel 2013, La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino.
Cenni Storici
Il nome Giglio deriva dal greco aegilion, latinizzato in aegilium, per la presenza di capre sull’isola. Che fosse un’isola già abitata nel paleolitico ce lo dimostrano i resti megalitici della Cote Ciombella a Giglio Castello e del Dolmen sul sentiero che dalle Cannelle porta al Castello.
Fu una base militare e di estrazione di ferro durante la dominazione etrusca ed in epoca romana divenne proprietà della famiglia dei Domizi Enobarbi, i quali costruirono una lussuosissima villa patrizia in zona “Castellare” (l’attuale zona del Porto detta del Saraceno), i cui resti sono oggi sommersi e rappresentano una vera chicca, vi si possono, infatti, chiaramente riconoscere una vasca per la piscicoltura, portici e mura perimetrali, arcate e terrazze.
Nell’805 l’Isola venne poi donata da Carlo Magno come feudo all’Abbazia delle Tre Fontane, divenendo luogo deputato ad una sentita attività monastica (cui tutt’oggi gli isolani restano legati, specie in inverno), per poi passare nelle mani di vari feudatari: Aldobrandeschi, Pannocchieschi, Gaetani e Orsini.
Giunse nell’XI sec. il dominio dei Pisani, i quali iniziarono a costruire il Castello con la Rocca e la tutta la cinta muraria ed alcuni anni dopo la torre del Porto ed il Lazzaretto, oggi dimora privata, ben visibile sul promontorio che porta ancora questo nome.
Nel 1448 fu occupata da Alfonso d’Aragona che la ripopolò con famiglie napoletane e dopo la vendette a Pio ll, diventando un feudo dei Piccolomini, sotto la repubblica di Siena.
Con l’espandersi dell’Impero turco l’isola soffrì molti attacchi dai Saraceni; nel 1554 il Barbarossa la saccheggiò deportando 700 abitanti come schiavi, mentre nel settembre del 1799 la popolazione eroicamente respinse l’ultima incursione. E qui la storia si tinge di tinte che hanno del leggendario e che ancora vengono narrate come eventi epici dagli isolani di oggigiorno. Si narra infatti che pochi, sparuti, uomini e donne riuscirono a sconfiggere sonoramente quegli “sciabbecchi” arrivati alla baia del Campese e carichi di migliaia di uomini. Così, tra colpi di cannone sparati da in cima alla Casamatta, vili atti da parte dei soldati di guardia alla Torre del Campese che all’arrivo dei saraceni non spararono neanche un colpo, otri di vino distrutte, per evitare che i turchi si ubriacassero prima dell’assalto, ed intercessioni dei santi tutti ed in particolare del Santo per eccellenza, San Mamiliano e del suo sacro braccio tirato fuori per l’occasione, i gigliesi riuscirono a mettere in fuga i turchi i quali, secondo successive testimonianze, contarono circa 500 tra morti e feriti durante l’assalto. Da quel giorno non si vide più un turco pirata a largo delle coste isolane e sempre da quel giorno, tutti gli anni, si festeggia il 15 settembre San Mamiliano dei turchi.
Divenuta parte del Regno d’Italia, nel 1873 divenne domicilio coatto per ergastolani fino al 1893.